La ragazza fuggita da Auschwitz by Ellie Midwood

La ragazza fuggita da Auschwitz by Ellie Midwood

autore:Ellie Midwood [Midwood, Ellie]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Newton
pubblicato: 2021-10-14T22:00:00+00:00


Capitolo 20

«Mala, non puoi continuare a fare queste cose!».

Mala stava gradualmente recuperando la sensibilità di braccia e gambe, semicongelate, grazie alle energiche frizioni di Zippy. «Prima salti dentro fossati pieni di cadaveri; e adesso attraversi il campo mezza nuda, in pieno inverno, perché hai pensato di dare via tutti i tuoi vestiti?»

«Le ragazze del Kanada me ne procureranno altri», ribatté Mala, muovendo a stento le labbra blu. «Le donne dell’infermeria non hanno le conoscenze che ho io».

«Ma dico io, che razza di coscienza hanno quelle donne?», esclamò Zippy, prendendo da sotto il letto una minuscola scatola di grasso d’orso. Raccolta una ditata di una sostanza maleodorante, cominciò a spalmarla sul dorso e sul petto di Mala. «Lasciarti spogliata a quel modo, con queste temperature! Vogliono forse che entri anche tu in ospedale, ma con la polmonite?».

Mala replicò con un debole sorriso, mentre le si chiudevano gli occhi per la stanchezza. Si lasciò andare, mentre il calore si diffondeva sulla sua pelle e smetteva di ascoltare la ramanzina di Zippy; la quale, comunque, sapeva bene di parlare a una sorda.

In realtà Mala non pianificava mai quelle azioni. Certo non era saltata volutamente in quel fossato, così come non aveva pensato di separarsi dal suo cappotto quando si era messa in cammino verso l’infermeria per effettuare l’assegnazione delle pazienti dimesse alle varie unità di lavoro. Il cappotto era nuovo, molto più caldo di quello che aveva già barattato con il medico in cambio di un occhio di riguardo per il francese, suo nuovo padre putativo. Ma una ragazza slovacca aveva pianto e gridato quando le aveva annunciato che sarebbe andata a lavorare in una fattoria, mostrando tra i singhiozzi il suo vestito a strisce, l’unico che possedesse, e implorandola, sicura che sarebbe certamente morta di freddo con quegli stracci lisi, tanto che Mala non aveva avuto altra scelta. La fattoria era considerata una buona unità, anche se era esterna al campo; era facile procurarsi cibo, imparando a sottrarlo sotto il naso dei kapò, e il lavoro non era troppo faticoso, ma la giovane si rifiutava di sentire ragioni. E così Mala si era sfilata il cappotto di lana di cammello, gliel’aveva dato, frustrata, e aveva detto alla ragazza di andarsene.

Mala batteva i denti quando era uscita dall’infermeria, che era riscaldata, e stava tornando all’ufficio del campo, con i documenti in mano, quando era stata bloccata da una donna che si era appesa al suo braccio e le aveva chiesto, in un tedesco smozzicato, se da qualche parte non fosse possibile trovare una maglia di lana o un gilè per sua madre, che era malata e non sarebbe sopravvissuta un’altra notte in una baracca senza riscaldamento. Senza replicare, Mala le aveva chiesto di tenere i documenti, si era sfilata il maglione e l’aveva dato alla donna, che l’aveva accettato stupefatta.

Dalle calde calze di lana si era separata di propria iniziativa, incontrando una donna anziana, che le ricordava sua nonna, mentre avanzava sulla neve, scivolando sugli zoccoli di legno, le gambe rigide, nude e bluastre sotto la veste a strisce.



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